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Il salento e la pizzica

Per conoscere e capire la cultura e i costumi di un popolo, è importante conoscere e ascoltare la sua musica.
Le sonorità calde e solari proposte dalla musica popolare nulla hanno da invidiare alla ben più blasonata musica moderna. Abbiamo descritto il Salento come punto naturale di incontro di diverse culture: anche le sonorità che ne derivano sono il felice connubio di antiche musiche greche, bizantine ed arabe.
Tra i ritmi proposti dal folklore, signoreggia la “Pizzica”.
Stiamo parlando del “Tarantismo”, ovvero la cultura della “taranta” che tanto ci ricorda la tarantella napoletana.
Il tarantismo trova nel Salento la sua patria culturale. La Taranta è quel ragno piuttosto grosso che si nasconde nelle fratture della terra e delle rocce e che, secondo le credenze popolari, “morde” o, meglio, “Pizzica” (da ciò il nome della danza).
Secondo le stesse credenze popolari, la pizzica – quale danza sfrenata e prolungata – era il solo modo per guarire dai morsi del ragno, l’unico rimedio in grado di scacciare mali fisici e psichici causati dal suo mitico morso. Ma, se da un lato si connota come “ballo terapeutico”, dall’altro – dando voce allo storico De Martino – si profila come retaggio culturale di riti dionisiaci diffusi nella regione di Taranto, capitale della Magna Grecia.

Angela

Un pò di storia...

Risalire a date che attestino la presenza dell’uomo sulla Penisola salentina, è compito assai arduo. Eppure nel 1970 un gruppo di speleologi salentini scopriva la cosiddetta “Grotta dei Cervi” nei dintorni di Otranto, a Porto Badisco: una grotta di origine carsica aveva ospitato l’uomo preistorico durante il periodo Neolitico.

Facciamo un bel salto avanti e ci ritroviamo a constatare che la storia del Salento ha sempre incontrato quella dell’Oriente. La leggenda vuole che siano stati i Cretesi a fondare Lecce. E questo grazie anche al Mediterraneo, instancabile crocevia di culture.
A detenere il primato della navigazione nel Mediterraneo, erano i Fenici ed alcuni studiosi danno per accreditata l’ipotesi che S. Maria di Leuca sia stata fondata proprio da questo popolo.
In altri termini, questo territorio era intensamente abitato già molto prima della colonizzazione greca. I primi a stanziarsi nel Salento, attorno al V sec. a.C., furono i Messapi, dediti all’agricoltura, all’allevamento dei cavalli ed alla lavorazione della ceramica.
Ma già nel VIII sec. a.C. coloni greci avevano fondato lungo la costa città come Gallipoli, Otranto, Taranto che sarebbero diventate dei punti di riferimento della Magna Grecia. Oggi sono ben nove i comuni nel Sud di Lecce in cui si parla ancora il greco, anzi il “griko”: Calimera, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollino. Una vera e propria impronta greca che si riflette anche nell’architettura, nella musica popolare, nella gastronomia.
La storia vuole che Idomenéo, sovrano greco, scacciato dai suoi stessi sudditi dopo la guerra di Troia, sarebbe approdato sulle rive della penisola salentina, e, dopo aver combattuto vittoriosamente contro la popolazione del luogo, avrebbe sposato una figlia di Malennio, uno dei re salentini fondatore della città di Lecce, per poi fondare seguito altre città.
Verso la metà del III secolo a. C., il Salento diventò provincia romana dal punto di vista amministrativo, ma non dal punto di vista culturale. I Romani sfruttarono la sua posizione strategica: costruirono porti come quelli di San Cataldo e Roca, mentre Brindisi  divenne il capolinea dell’Appia e della Traiana.

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.c.) il Salento divenne preda delle invasioni barbariche. Nel VI secolo la terra salentina fu conquistata dagli Ostrogoti; nei secoli successivi fu saccheggiata da altri popoli invasori: Longobardi, Saraceni, Ungari e Slavi. Per molto tempo la “Terra d’Otranto” rimase sotto i Bizantini, che diffusero la loro lingua, la loro religione e i riti greco-orientali.
Nel 1071, a conclusione di un’ennesima epoca di lotte per il controllo del territorio, i Normanni uscirono vittoriosi sui Bizantini.
Ai Normanni successero gli Svevi che favorirono lo sviluppo culturale ed artistico fino al 1266, quando furono sconfitti dagli Angioini. Ma questi ultimi si ritrovarono a competere con gli Aragonesi. Intanto i comuni si impoverirono e non riuscirono a far fronte alle scorribande dei Turchi, che arrivarono a sottomettere Otranto per un breve periodo.
Si tratta di un avvenimento tristemente memorabile: nel 1480, Otranto fu attaccata e saccheggiata da una poderosa flotta comandata da Acmet Pascià, la cui resistenza venne punita con l’uccisione di ottocento otrantini.
Poi la Puglia passò sotto il dominio degli spagnoli nel 1529, dopo che se la contesero con i Francesi. Essi diedero l’avvio alla costruzione di numerose torri di guardia. Realizzate sotto il regno di Carlo V, le torri costiere costituivano un sistema di avvistamento che consentiva di approntare difese di emergenza in occasione di incursioni dal mare. Queste torri sono tuttora visibili.
Gli Spagnoli seppero diffondere il barocco nel Salento e in modo particolare nel leccese: favorito dal duttile calcare di Lecce (la cosiddetta “pietra leccese”), il barocco impreziosì edifici civili e religiosi. Tutto il Salento si riempì di putti, grifi, trabeazioni elaborate, balaustre, il tutto realizzato col marmo dei poveri.
Nel ’700 la Puglia fu occupata dagli Austriaci, ma nel 1738 ritornò ai Borboni e con Carlo di Borbone prima e Ferdinando IV rifiorì sotto ogni aspetto, riuscendo a liberarsi dalle sofferenze di quei secoli che l’avevano vista al centro delle mire espansionistiche di popoli di ogni sorta.

A testimoniare questa travagliata storia del Salento, ecco castelli, masserie fortificate, torri costiere e case-torre: essi narrano la secolare necessità di difendere il territorio e di sbarrare la strada ai numerosi assalitori.

Il periodo normanno – svevo – angioino

Con la dominazione normanno-  sveva, il Salento fu interessato da un complesso progetto difensivo voluto da Federico II di Svevia (1200-1258).
L’imperatore fece realizzare opere maestose, pur frenando l’economia e delle città e delle campagne con il regime di fiscalità, potremmo dire rapace, che mise in atto.
In Terra d’Otranto i normanni fecero costruire 12 castelli, riutilizzando però anche strutture di epoca bizantina, come a Gallipoli e a Castro.
Nel periodo angioino, invece, il sistema difensivo si organizzò soprattutto lungo la fascia costiera a causa delle mire espansionistiche in Oriente.
Tuttavia, queste ultime opere furono realizzate per iniziativa dei feudatari locali e questo spiega la perdita di unitarietà stilistica caratterizzante l’architettura normanno-sveva.

Gli aragonesi
Nel XV secolo arrivano gli aragonesi e vi è una ripresa dell’incastellamento.
Anche in questo periodo vi è un proliferare di opere di difesa, che diventano sempre di più il simbolo della forza e della prepotenza.
Molti castelli furono ristrutturati, altri disattivati, altri ancora quasi completamente ricostruiti.

Gli spagnoli
Dopo il 1529, gli Spagnoli di Carlo V di Asburgo occupano in maniera stabile la Puglia.
Era ormai comprovato il ruolo del Salento all’interno del sistema strategico imperiale, il ruolo di avamposto orientale contro il pericolo turco. Il “Gran Turco”, contro cui poco erano riuscite a fare le precedenti dominazioni, era diventato l’incubo dei salentini: la presa di Otranto del 1480 fu un episodio tanto cruento quanto terrorizzante.
Il governo vicereale si concentrò allora sul tentativo di rendere più sicuro il sistema di difesa.
Nel 1539 Carlo V fece ricostruire le mura e il Castello di Lecce su progetto dell’architetto Gian Giacomo dell’Acaya, lo stesso autore del Castello della vicina cittadella di Acaya.
Tra il 1530 e il 1540, Evangelista Menga realizzò il Castello di Copertino, con le più aggiornate tecniche della scienza militare. Stiamo parlando di una delle più grandi fortezze pugliesi.
Mentre fu completamente rifatto il Castello di Otranto, dopo l’assedio da parte dei turchi e il Castello di Corigliano d’Otranto.
Risale al XVI secolo anche la costruzione di gran parte delle torri costiere, che ancora oggi connotano il paesaggio. Infatti le torri costiere sono disseminate lungo i 200 chilometri della costa salentina.

Con l’occupazione spagnola dell’Italia Meridionale, la penisola salentina accentuò il suo ruolo di “terra di frontiera”, non solo dal punto di vista strategico ma anche da quello commerciale.

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